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Nel 1941, a 72 anni, convalescente dopo una complessa operazione chirurgica, Henri Matisse rilasciò una lunga intervista al critico Pierre Courthion. Numerosi e appassionanti gli argomenti trattati dal maestro: i suoi primi anni a Parigi come allievo di Gustave Moreau; i suoi rapporti con Renoir, Cézanne e Pissarro; le sue collaborazioni con Diaghilev e i Balletti russi; i viaggi; le riflessioni sulla sua opera e sul suo modo di concepire e vivere l'arte. Tuttavia, davanti alle bozze che Courthion e l'editore Albert Skira infine gli sottoposero, Matisse ritirò il suo consenso alla pubblicazione, giudicando i contenuti troppo privati; l'intervista andò così smarrita per oltre settant'anni. Grazie agli eredi Matisse e al J.P. Getty Trust, viene oggi pubblicata per la prima volta in traduzione italiana presso lo stesso editore che l'aveva commissionata: una sorta di testamento spirituale di Matisse, una confessione informale nella quale il grande artista racconta in prima persona la sua idea di pittura, la sua estetica del colore, le tappe del suo itinerario nell'arte.